mercoledì 16 dicembre 2015

Le teorie di Freud sull’inconscio

Vecchie cent’anni e ritornano sulla scena – le teorie di Freud sull’inconscio
di Mark Vernon
Dopo un secolo di derisione, le idee di Freud si stanno rivalutando piuttosto legittimamente – dato che potrebbero illuminare alcune grandi incognite della medicina.
The Guardian, 30 novembre 2015
Traduzione italiana di Laura Ravaioli

L’inconscio ha avuto un percorso accidentato da quando Sigmund Freud per la prima volta descrisse l’entità delle sue scoperte in un articolo fondamentale pubblicato 100 anni questo mese. Gli scettici sogghignano al suo accenno, supponendo esso sia sconveniente quanto l’invidia del pene. Altri, chi intuisce che il padre della psicoanalisi ci ha visto chiaro, preferiscono salvaguardarsi e non macchiarsi della reputazione controversa di Freud: fanno riferimento blandamente al subliminale o al subconscio.  Eppure potrebbe essere questo il caso per cui, ben lontano dall’essere scaduto, il tempo dell’inconscio debba ancora arrivare.
La ragione è duplice: scienza e necessità. Per prima cosa, le neuroscienze hanno concluso che c’è molto di più nella mente di ciò di cui i proprietari generalmente hanno consapevolezza.  Mark Solms, professore di neuropsicologia e psicoanalista che ha dato inizio ai tentativi di verificare le scoperte di Freud dal punto di vista neuroscientifico, spesso sottolinea che la mente conscia è capace di occuparsi di sei o sette cose alla volta, mentre il resto del sistema nervoso autonomo ne sta eseguendo migliaia. Alla luce di questo, appare perverso negare che molto della vita psichica si trovi al di sopra dell’orizzonte della nostra consapevolezza, doppiamente quando si considerano esperienze come il sognare o i lapsus verbali, o disavventure dall’infanzia che non possono essere ricordate e ancora palesemente modellano la vita adulta.
Quindi il vero dibattito, oggi, è se i meccanismi che Freud ha attribuito all’inconscio – il cosiddetto inconscio dinamico- siano giusti. Si prenda la rimozione, la significativa dimenticanza di ricordi che successivamente ritorna come sintomi nevrotici i psicotici. Freud ha sostenuto che essa avvenga perché l’esperienza o il pensiero è sgradevole o travolgente, mentre la psicologia cognitiva tende a respingere questa idea. Preferisce una concezione statica dei contenuti inconsci. I ricordi possono essere persi, certamente, e collegati a sintomi inspiegati. Ma quei sintomi non possono essere letti in modo significativo o simbolico come Freud ed i suoi seguaci hanno escogitato nella “talking cure”.
La scienza, però, sta sfidando questa visione. Una linea di ricerca esamina certe condizioni amnesiche in cui i pazienti inventano ricordi e negano di non riuscire richiamare cosa di fatto è successo. Queste confabulazioni si sono dimostrate seguire le regole che Freud ha identificato nell’inconscio dinamico. Esse hanno un significato. Oppure, ci sono coloro che soffrono di parafasia, una sindrome in cui le parole dimenticate sono sostituite da altre. La sostituzione similarmente mostra modelli che rispecchiano quelli identificati da Freud nei sogni e nei lapsus. La prova è che la rimozione è una caratteristica chiave dell’inconscio.
La seconda ragione per cui vale la pena esplorare l’inconscio ha a che fare con necessità mediche. Si prenda il fenomeno dei sintomi medici inspiegati. Essi sono diffusi e quotidiani. Nel suo recente libro “ It’s All in Your Head” la neurologa Suzanne O’Sullivan riporta che un terzo della gente che si rivolge al medico li presenta. La loro sofferenza è reale; non è il paziente a costruirseli. E ancora non si riscontra alcuna causa biologica. Quando si considera quanto costi questo – uno studio del 2005 per questi disturbi psicosomatici stima un costo annuale di oltre $250 miliardi solo negli Stati Uniti – è chiaro che ogni possibile ragionevole spiegazione debba essere investigata con urgenza.

L’inconscio è una di queste, e i disturbi da conversione sono un esempio. Conosciuti anche come isteria, anche questi sono considerevolmente diffusi. Tutte le cliniche neurologiche, ad esempio, hanno sui loro registri molti individui che vivono gravemente limitati da crisi, ma in cui un EEG non rivela alcuna attività epilettica nel cervello. Altri pazienti saranno compromessi da mancanza di respiro, cecità, dolore, paralisi. Come ammette O’Sullivan anche se esiste ora la tecnologia per guardare all’interno del cervello, la scienza  fornisce a malapena tracce, figuriamoci spiegazioni.
Ma l’idea centrale di Freud sui disturbi da conversione – vale a dire che un trauma, o un trauma percepito, risiede all’origine- è ora dimostrato avere un’efficacia clinica. In un recente dibattito su questo punto al Freud Museum di Londra, Richard Kanaan, un neuropsichiatra, e Stephanie Howlett, una psicoterapeuta, hanno perorato la causa. Quando si esaminano attentamente le storie dei pazienti- cosa che ovviamente richiede tempo, formazione e denaro- le dissociazioni e il significato dei sintomi spesso emerge. Essi hanno consigliato di curare i pazienti in modo interdisciplinare: Howlett lavora congiuntamente a psicologi, fisioterapisti e neurologi. Come ha detto Kanaan, se  Freud avesse fatto riferimento al Disturbo Post-Traumatico da Stress anzichè all’isteria, sarebbe ora ricordato come un eroe pioneristico.
Nessuno dice che l’inconscio è la panacea. Queste sono spesso condizioni complesse. Lo stesso Freud ha sottolineato che il lavoro con l’inconscio è scrupoloso proprio perché è inconscio. Inoltre la psicoanalisi ha da sé radicalmente riveduto le conclusioni originarie di Freud. Ma ora ha un secolo di saggezza nella gestione di questa parte di noi nascosta e talvolta distruttivamente potente. Freud credeva che il suo lavoro fosse soltanto agli inizi. La ricerca scientifica e il puro bisogno umano suggeriscono che dovremmo energicamente continuare ciò che lui ha iniziato.

100 years old and making a comeback – Freud’s theories of the unconscious
Mark Vernon
After a century of being derided, Freud’s ideas are quite rightly being re-evaluated – as they could shed light on some of medicine’s great unknowns.

The unconscious has had a bumpy ride since Sigmund Freud first described the extent of his discoveries in a seminal paper published 100 years ago this month. Sceptics sneer at its mention, assuming it’s as discreditable as penis envy. Others, who sense the father of psychoanalysis was on to something, prefer to hedge their bets and not be tarnished by Freud’s mixed reputation: they refer limply to the subliminal or subconscious. Yet it could be the case that far from being past its sell-by date, the time of the unconscious is yet to come.
The reasons are twofold: science and necessity. First, neuroscience has demonstrated conclusively that there’s far more going on in the mind than the owners of those minds are generally aware. Mark Solms, a professor of neuropsychology and psychoanalyst who has pioneered much of the effort to test Freud’s findings against the neuroscientific, often points out that the conscious mind is capable of attending to six or seven things at once, while the rest of the nervous system is performing thousands. In that light, it seems perverse to deny that much of psychic life lies over the horizon of our awareness, doubly so when you consider experiences such as dreaming and slips of the tongue, or ordeals from infancy that can’t be remembered and yet demonstrably shape adult life.
So the real debate, today, is whether the mechanisms that Freud ascribed to the unconscious – the so-called dynamic unconscious – were right. Take repression, the purposeful forgetting of memories that subsequently return as neurotic or psychotic symptoms. Freud argued this happens because an experience or thought is unpalatable or overwhelming, whereas cognitive psychology tends to resist such a notion. It prefers a static conception of unconscious contents. Memories can be lost, for sure, and linked to unexplained symptoms. But those symptoms cannot be read in meaningful or symbolic ways as Freud and his followers have contrived in the “talking cure”.
The science, though, is building to challenge this view. One line of research examines certain amnesic conditions in which patients fabricate memories and deny they can’t recall what actually happened. Such confabulations have been shown to follow the rules that Freud identified in a dynamic unconscious. They carry meaning. Alternatively, there are those who suffer from paraphasia, a syndrome in which forgotten words are substituted by others. The substitutions similarly show patterns that mirror those Freud detected in dreams and slips. The evidence is that repression is a key characteristic of the unconscious.
The second reason that the unconscious is worth exploring has to do with medical necessity. Take the phenomenon of medically unexplained symptoms. These are widespread and everyday. In her recent book, It’s All in Your Head, neurologist Suzanne O’Sullivan reports that up to a third of people who go to the doctor have them. Their distress is real; the patient is not making it up. And yet no biological cause can be found. When you consider how much this costs – one 2005 study for such psychosomatic disorders estimates an annual cost of over $250bn in the US alone – it’s clear that any reasonable candidate for explanation should be investigated with urgency.
The unconscious is one candidate, and conversion disorders provide a case in point. Also known as hysteria, these too are remarkably prevalent. All neurology clinics, for example, will have on their books many individuals with lives severely limited by seizures, but for whom an EEG reveals no epileptic activity in the brain. Other patients will be impaired by breathlessness, blindness, pain, paralysis. As O’Sullivan admits, even though there’s now technology to see inside the brain, the science is barely providing leads, let alone explanations.
But Freud’s central idea on conversion disorders – namely that a trauma, or perceived trauma, lies at the origin – is now routinely shown to have clinical efficacy. At a recent debate on this subject at the Freud Museum in London, Richard Kanaan, a neuropsychiatrist, and Stephanie Howlett, a psychotherapist, made the case. When you examine patient histories carefully – which of course takes time, training and money – the dissociations and meaning of the symptoms often emerge. They advise treating patients across disciplines: Howlett works in conjunction with psychologists, physiotherapists and neurologists. As Kanaan put it, if Freud had referred to PTSD (post-traumatic stress disorder) rather than hysteria, he would now be remembered as a pioneering hero.
No one is saying that the unconscious is a magic bullet. These are often complex conditions. Freud himself stressed that working with the unconscious is painstaking precisely because it is unconscious. Further, psychoanalysis has itself radically revised Freud’s original conclusions. But it now holds a century of wisdom on engaging this hidden and sometimes devastatingly powerful part of ourselves. Freud believed his work was only a beginning. Scientific research and sheer human need suggest we should energetically continue what he started.

mercoledì 18 novembre 2015

I relatori: Carla Busato Barbaglio

Carla Busato Barbaglio, psicologa, psicoterapeuta infantile mod–Tavistock, psicoanalista, m–ord. con funzioni di training, SPI e IPA. M. esperto SPI, IPA per l’analisi di bambini e adolescenti. 
Docente nel training SPI e nel corso di Perfezionamento per l’analisi dei bambini e degli adolescenti della SPI. Presidente del Centro di Psicoanalisi Romano. 
Supervisore in ambulatorio per adolescenti, Policlinico Gemelli, catt. Psichiatria, Roma. 
Tra gli scritti: “Il corpo, ponte tra l’esserci e il narrarsi”, in A.B. Ferrari, Adolescenza. La seconda sfida, Roma, Borla 1994, pp. 135–150. “Il sogno: da uno spazio transizionale ad una esperienza comunicativa”, in S. Bolognini (ed.), Il sogno cento anni dopo, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pp. 248–258. “Verso un padre paterno”, in G. Barbaglio (ed.), Le figure del padre: Ricerche interdisciplinari, Roma, Armando Armando 2001, pp. 169–195.“Setting e disposizione materna dell’analista”, in Rivista di psicoanalisi L (2004), 4., pp. 1149–1166. “Maternità, fortezza da due debolezze?” In Desideri di maternità, a c. di Neri N., Rogora C., Roma Borla 2010. “Nella camera gestazionale: canto e controcanto” in Rivista di psicoanalisi, 2010, LVI, 3. “Come genitori e analisti affrontano il trauma” in Una ferita all’origine, a c. di T. Cancrini e D. Biondo, Roma, Borla, 2012.

Leggi un articolo:

Nuove forme sociali, nuove identità relazionali (2013)

martedì 17 novembre 2015

I relatori: Marco Mastella

Laureato in Medicina e Chirurgia a Ferrara, discutendo un a tesi dal titolo: ‘Approccio sistemico all’attuale struttura formativa del medico’ (110 e lode), si è specializzato in Psicologia ind. Medico a Bologna, discutendo una tesi dal titolo : ‘ La percezione interpersonale nella coppia’ e in Neuropsichiatria inf. a Sassari, discutendo una tesi dal titolo: ‘L’autismo infantile nei servizi territoriali’.
E’ stato assistente universitario alla Cattedra di Igiene della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ferrara dal settembre 1972 al luglio 1973, poi assistente presso il Laboratorio Provinciale di Igiene e Profilassi di Ferrara dal 1973 al 1975, quindi medico psicologo con funzioni di neuropsichiatra infantile presso il Comune di Ferrara fino al 1978 e poi presso il C.S.S. di Ferrara e Poggiorenatico fino al 1980, quando divenne aiuto neuropsichiatra inf. presso l’U.S.L. di Ferrara, fino al 1988. In tale veste è stato consulente con frequenza settimanale presso l’Istituto di Neonatologia e la Clinica Pediatrica dell’Università di Ferrara. Dal 1988 al 1992 è stato Dirigente (Primario) di Neuropsichiatria inf. e Responsabile del Servizio Materno-Infantile dell’A.S.L. N. 20 di Casalecchio (Bologna).
Dal 1975 al 1980 è stato anche medico di base convenzionato.
E’ stato anche esercitatore presso la Cattedra di Psicologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Ferrara, nonché docente presso numerose Scuole ( per ostetriche, per terapisti della riabilitazione, per insegnanti di alunni portatori di handicap, per tecnici audiometristi, per Pediatri). E’ stato per 5 anni professore a contratto di Psicologia dello Sviluppo presso la Facoltà di Scienze motorie dell’Università di Ferrara.
E’ docente di Psicologia dello Sviluppo presso la Scuola (ora Diploma di Laurea) per Logopedisti e la Scuola per Audiometristi, e di ‘Consultazione psicodiagnostica e psicoanalitica in età evolutiva’ presso le Scuole di specializzazione in Neuropsichiatria inf. e in Psicol. Ind. Medico dell’Università di Bologna.
Da molti anni è formatore presso diverse A.S.L. (Rovigo, Ravenna, Rimini, Ferrara, Imola, Cesena, Firenze, Bologna, Modena).
Da molti anni conduce Gruppi di Genitori ed attività formativa per educatori di Nidi e Scuole d’infanzia e per insegnanti di Scuole dell’obbligo.
Ha completato da tempo il training presso la Società Psicoanalitica Italiana ( I.P.A.), di cui è membro ordinario (full member), ed esercita come psicoanalista per adulti, adolescenti e bambini (ha anche la qualifica di socio esperto in psicoanalisi del bambino e dell’adolescente I.P.A.). E’ socio della S.E.P.E.A. (Socièté Europeenne pour la Psychanalise de l’enfant et de l’adolescent).
E’stato per nove anni Giudice Onorario presso la Corte d’Appello del Tribunale per i Minorenni di Bologna.
E’ autore di numerose pubblicazioni scientifiche e relazioni a Convegni Nazionali e internazionali .
Da molti anni organizza con colleghi attività di aggiornamento e formazione presso il Centro Psicoanalitico di Bologna, dove ha contribuito alla nascita dell’Osservatorio per la Psicoanalisi del bambino e dell’adolescente e all’avvio del Corso di Aggiornamento- Perfezionamento in Psicoanalisi del bambino e dell’Adolescente dell’Istituto di Training della S.P.I. ed è docente presso la Sezione locale veneto-emiliana dell’Istituto Nazionale di training.

I relatori: Giuseppe Cossu

Nato in Sardegna ha studiato a Sassari, dove ha ottenuto la laurea in medicina nel 1974.
Come destinatario di una borsa di studio del Ministero degli Esteri italiano, ha lavorato 1975-1977 nel Laboratorio di Neuropsicologia Clinica presso l'Istituto di Neurochirurgia dell'Università di Mosca, sotto il tutoraggio del compianto Prof. A.R. Luria.

Nel 1977 è stato nominato come Assistente Professore Neurologia Infantile presso l'Università di Sassari, dove nel 1979 ha preso una laurea in Neuropsichiatria Infantile.
Dal 1980-1981 ha lavorato come visiting scholar a Haskins Laboratories (Yale University, New Haven), sotto la supervisione del compianto Isabelle Liberman e Donald Shankweiler.
Dal 1982 ha iniziato una collaborazione scientifica con il Prof. John C. Marshall, Direttore della Neuropsicologia Unità MRC al Radcliffe Infirmary, Dipartimento di Clinica Neurologica dell'Università di Oxford.
Nel 1984 si è trasferito alla Unità di Neuropsichiatria Infantile presso l'Università di Parma e nel 1998 ha accettato un invito del Prof. Giacomo Rizzolatti di unirsi al suo gruppo di ricerca presso l'Istituto di Fisiologia Umana (Università di Parma).
Attualmente insegna Neurologia Pediatrica presso la Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Parma e Neuropsicologia dello sviluppo.