lunedì 1 febbraio 2016

DISLESSIA, DISGRAFIA, DISORTOGRAFIA, DISCALCULIA

DISLESSIA, DISGRAFIA, DISORTOGRAFIA, DISCALCULIA sono originari e primari, ovvero appartengono al corpo neonato indipendentemente dall’ambiente come ad esempio il mancinismo o l’epilessia, oppure sono un segno (sintomo) di un disturbo delle relazioni primarie del neonato con i caregivers?

È questa una domanda cardine del Convegno che si terrà a Loreto il 9 aprile prossimo.

1) I disturbi specifici di apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia) hanno come causa (causalità lineare) difetti di carattere biologico ovvero presenti fin dall’inizio della vita e invalidanti?

2) Oppure si tratta di caratteristiche biologiche del soggetto che assumono una forma socialmente distinguibile e invalidante solo nell’incontro con un ambiente svantaggioso?

3) Oppure non ci sono prove che caratteristiche biologiche distinguibili e diverse dalla media dei bambini abbiano un ruolo in tali disturbi di apprendimento che in questo caso sarebbero completamente a carico di un ambiente svantaggioso?

E se esistono queste caratteristiche del soggetto presenti come patrimonio biologico all’inizio della vita, quali sarebbero e quali prove si avrebbero di tale esistenza?
Nel campo dell’autismo infantile le neuroscienze hanno evidenziato caratteristiche biologiche di base dei soggetti coinvolti inequivocabilmente differenti rispetto alle caratteristiche medie degli esseri umani. Si possono sostenere fattori analoghi anche per i disturbi di apprendimento?

Il Prof. Francesco Barale è professore ordinario di psichiatria all’Università di Pavia e direttore del “Brain and Behavior Sciences Department”, Socio Ordinario con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana e fondatore dell’Associazione nazionale “Genitori per l’autismo”.
In un suo intervento letto al “Seminario nazionale sull’autismo” organizzato dalla Società Psicoanalitica Italiana il 22 novembre 2014 ha sostenuto che nell’autismo la forza delle matrici biologiche è molto più evidente oggi e in molti casi determinante. Di ciò la psicoanalisi dovrebbe prendere atto, proprio per non collocarsi in modo sbagliato fin dall’inizio della questione.

Del resto, è ben difficile ipotizzare una qualche "psicogenesi" delle atipia sinaptiche, datanti ai primi mesi della gravidanza, che sono alla base degli aspetti nucleari del funzionamento mentale autistico messi in luce dalla neuropsicologia dei decenni scorsi; aspetti nucleari che fin dall'inizio ostacolano qualsiasi evidenza naturale" del mondo interumano; o della alterazione dei neuropeptidi implicati nella neuro-organizzazione, presente già alla nascita; o dei processi apoptosi che modellano la neuro-organizzazione; o, per restare più sul macroscopico, delle atipie di crescita cerebrale (aumento complessivo della corteccia cerebrale e accelerazione del tasso di crescita tra i 2 e i 4 anni, squilibro nei tassi di crescita tra regioni frontali e temporali, abnorme allargamento dell'amigdala...) descritte in una percentuale importante di sviluppi autistici; o di quei pattern di connettività cerebrale atipica (con ipereccitabilità locale e deboli connessioni a distanza) documentate dagli studi di neuroimaging; o dello sbilanciamento tra sistemi eccitatori ed inibitori, nella conduzione del segnale nervoso, così frequente negli autismi (forse all'origine di un altro dato macroscopico: la frequenza 50 volte maggiore di epilessia nell'autismo, rispetto alla popolazione generale; con presenza di disturbi EEG subclinici stimata fino al 80% da recenti studi con MEG); o, sul piano psicologico, delle atipie nello sviluppo delle competenze imitative, già a partire da quei fenomeni di "imitazione primaria" (espressione della taratura dei ssitemi specchio) che A. Meltzoff ha descritto a poche ore dalla nascita e che certo non dipendono dall'incontro con l'oggetto umano, ma semmai, ne sono gli "schemi".

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